Se per te viaggiare significa conoscere, più che “fare vacanza”; se da viaggiatore non ti basta fermarti alla superficie delle cose e la percezione diffusa che il pubblico può avere di una città o di una nazione ti è indifferente; se per te è vero tutto questo, allora dovresti leggere i libri Iperborea della collana The Passenger. Il mio primo – spero non l’ultimo – volume letto è una tra le più recenti pubblicazioni ed è dedicato alla Grecia. Scelta casuale? Decisamente no. Ora ti racconto del libro e ti spiego perché ho scelto proprio di leggere The Passenger – Grecia.
The Passenger – Grecia: un’indagine trasversale
The Passenger – Grecia, attraverso articoli e racconti di molteplici voci del tempo odierno, tocca ogni sfera del mondo greco: la politica e la società, il cinema, la musica e la letteratura, l’architettura e la gastronomia, infine lo sport.
Ricordi quando ti ho parlato de Il libro dei vulcani di Islanda? Benché il libro di Leonardo Piccione non rientri né nella narrativa né nella collana The Passanger, avevo colto la novità intrinseca di quel genere di opera che riusciva a raccontare un luogo attraverso le storie delle persone – in questo caso, personalità legate all’Islanda e seguendo la mappa vulcanica dell’isola, senza definire itinerari turistici.
Allo stesso modo, The Passanger – Grecia è tutto fuorché una guida di viaggio. È molto di più: un’indagine sul paese europeo più fortemente toccato dalla crisi economica, quindi un’inchiesta; è il racconto del rapporto dei greci tra loro, tra i greci e lo Stato, tra i greci e i migranti siriani, con i turchi; è la spiegazione di come Atene sia tanto cambiata nel corso degli anni, di come Salonicco divenne la più grande città ebrea d’Europa e di come l’identità ebraica si è andata (tragicamente) perdendo; è la rivelazione che il souvlaki e il sirtaki hanno poco a che vedere con la tradizione, che il cinema greco riesce in modo efficace a esprimere le contraddizioni di un popolo tanto ospitale verso lo straniero quanto intimamente aggressivo e adirato.
Perché leggere The Passenger – Grecia
Hai il coraggio di cambiare prospettiva sulle cose? Se sì, allora The Passenger – Grecia è una lettura che ti darà tanto, in termini di informazioni e spunti di riflessione, soprattutto se di un paese ti interessa ogni suo aspetto.
Ma, ripeto, devi essere disposto a guardare le cose diversamente, in meglio o in peggio, a seconda dei casi. Per me la Grecia coincide ancora con una mia personalissima immaginazione, la quale non si sovrappone nemmeno in minima parte con la rappresentazione che tanti altri se ne fanno – Grecia = enorme villaggio turistico ora per coppie, ora per single, qui per famiglie, lì per omosessuali.
Ecco perché la scelta di leggere The Passenger – Grecia non è stata affatto casuale. Avrei potuto leggere uno qualsiasi dei volumi della collana, perché in linea di principio non esiste un angolo di mondo di cui non desidero conoscere qualcosa di più.
Anche se ho solo trascorso una settimana a Santorini, è come se la Grecia mi appartenesse. Una settimana mi è bastata per adorarla, commuovermi nel vedere i greci ballare il sirtaki tutti insieme il venerdì sera, amare il modo in cui, sorridendo, ricordano che noi italiani e loro siamo come fratelli: “Stessa faccia, stesso sangue”. Una settimana lì mi è bastata a covare dentro di me il sogno di una vita da trascorrere fronte mare, con le vigne alle mie spalle, un piccolo orticello da curare e nessun social network a cui badare. “Datrice di lavoro di me stessa”: sarebbe più che mai vero, perché per vivere mi basterebbe lavorare con un pc e la rete wi-fi.
Poi ho scoperto che il sirtaki è solo un’invenzione di Nikos Kazantzakis e che il souvlaki è decisamente meno tradizionale del baccalà, che i greci hanno una burocrazia ancor meno efficiente della nostra, nessuno si scosta dalle porte di ingresso della metropolitana, pochi ricchissimi signori del mare e dell’industria influenzano le sorti economiche e politiche della Grecia. Peggio dell’Italia, quasi tutto molto peggio. Visitarla sì, in ogni interstizio, ma vivere in Grecia sarebbe inconcepibile.
Eppure non mi è stato sfatato un mito, infatti il mio sogno è rimasto intatto in ogni suo aspetto. C’è il racconto dell’isola di Ikaria, che non ti riporto perché ho già spoilerato abbastanza. Non nutro la stessa pulsione alla speranza a cui vanno soggetti i greci (e gli italiani), ma ho visto lo spiraglio di luce. C’è ancora posto per il mio sogno o, per restare con i piedi per terra, ho ancora la possibilità di fantasticare.
Spero che questo libro possa farti compagnia all’ombra di un albero o di un ombrellone da spiaggia. A presto,
Bruna Athena