(Aggiornato a giugno 2020)
Chi è il blogger nell’immaginario delle persone comune? In passato me lo sono chiesto spesso, perché nel corso degli anni ne ho sentite di cotte e di crude. In genere, quando le persone sentono la parola “blogger”, fanno due cose: sorridono oppure assumono immediatamente un’espressione di profondo disprezzo.
In entrambi i casi, buona parte delle reazioni delle persone dipende dal fatto che del blogging non sanno nulla o sanno molto poco. Quasi sempre, quel poco che sanno è sporcato da idee distorte o del tutto sbagliate.
Che ne dici di fare un po’ più di chiarezza?
Chi è il blogger tra falsi miti e verità
Chi è il blogger: i falsi miti
Sai cosa fa Bruna? Fa il blog!
Ragazzi, che disagio! Credo che questa semplice espressione su cosa faccio nella vita sia di una banalità disarmante, nonostante racchiuda in se stessa buona parte dei falsi miti circa la figura del blogger.
Tanto è vero, mi presento come web copywriter, non come blogger. Dopo i primi due secondi di spaesamento della persona, che cerca di capire se ha sentito bene o se ha capito male (“Cosa fa? La copriwater?”), devo stare a spiegare che il mio lavoro non è semplicemente raccontare dei miei bei viaggi – alcuni di questi sono educational tour -, ma consiste nell’occuparmi di comunicazione digitale.
La realtà dei fatti dice che le persone sono mediamente molto ignoranti per quel che riguarda le professioni digitali. Per contro, assimilano velocemente idee bislacche sulla nostra figura professionale. Ecco perché talvolta ci ridono spudoratamente in faccia o, addirittura, ci guardano con disprezzo.
Quali sono i preconcetti, i pregiudizi e falsi miti di cui sono tanto convinti le persone? Li raggruppo:
- fare il blogger non è un lavoro;
- essere blogger significa fare l’influencer;
- il blogger svilisce il lavoro dei giornalisti;
- i blogger non sono attendibili;
- il blogger fa solo quello che l’imprenditore non ha il tempo di fare;
In altre parole, per le persone tu non fai altro che grattarti i genitali dalla mattina alla sera. Del resto, mica guadagni soldi scrivendo? Al massimo, passi il tempo in giro per il mondo, indossando outfit sponsorizzati per ogni fotografia che ti fai scattare, aprendo pacchi omaggio. Tutto sommato, non puoi proprio lamentarti della vita che fai. Volendo dirla tutta, dovresti anche sentirti in colpa: mentre il tuo compagno, la tua compagna, tua moglie, tuo marito lavorano per mantenerti, ogni giorno un giornalista perde il lavoro solo perché esisti.
E non è finita qui! Di certo quello che scrivi è poco affidabile, perché ora con le recensioni (sì, hai letto bene) sono tutti usciti di testa, quindi perché mai dovrebbero crederti. Hai anche la faccia tosta di pretendere di essere pagato quando ti chiedono blog post sponsorizzati, ché hai gli attacchi di superbia e la visibilità non ti basta. Per finire, se hai da scrivere per un’azienda, perché mai dovresti essere pagato per le ore di analisi e di scrittura, quando sappiamo tutti che la tua ragion d’essere consiste nel fatto che l’imprenditore non ha il tempo di scrivere – lui lavora, mica è come te.
Tu, blogger, come fai a non vergognarti di te stesso?
Le cose stanno molto diversamente. Sono sicura che qualcuno farebbe un’obiezione: se le persone nutrono queste convinzioni, se sono diffidenti, se non comprendono il nostro lavoro è perché qualcuno li ha convinti di, appunto, di cose false. Sì, è anche così.
Cosa possiamo fare, dunque? Lavorare bene e diffondere il verbo, naturalmente!
La dura realtà del blogger
Qual è il verbo, qual è la verità da svelare? Procedo punto per punto, così riesco a semplificare.
Fare il blogger non è un lavoro – Questa affermazione è vera e falsa, allo stesso tempo. Esistono pochissimi blogger che vivono del blog. Questi ultimi possono farlo solo avendo ottenuto un grande successo, quindi hanno un blog che registra un numero considerevole di visite. In questo modo, possono guadagnare con la pubblicità e collaborazioni ben pagate. Ciò non toglie che possano decidere, comunque, di investire in altre attività.
Quando ho spiegato perché non esiste il blog su Instagram, ho individuato delle differenze tra chi fa il blogger di mestiere e chi lo fa solo per passione. Tutti, infatti, possono aprire un blog.
Curare un blog fa parte di un’attività più ampia e complessa: il lavoro del web copywriter, che è anche il mio.
Il web copywriter può anche possedere un blog personale, che funge da biglietto da visita digitale – è il mio caso, d’altronde. Prima di tutto, però, lavora sui blog aziendali e guadagna grazie a questo. Essere un blogger è sì un lavoro o, per meglio dire, è una parte di un lavoro fatto principalmente di scrittura digitale.
Essere blogger significa fare l’influencer – Lo dico sempre e anche a supporto di chi ha un blog solo per passione: se il blog è fatto bene, dà molte soddisfazioni, anche se in realtà siamo commessi, infermieri, docenti, ecc. A nessuno piace cantarsela e suonarsela da soli, no? Avere un blog è bello se poi ti interfacci con chi condivide i tuoi stessi interessi.
Detto questo, un blogger non è un influencer così come un influencer non è detto che sia un blogger.
L’influencer è prima di tutto una persona verso la quale una comunità di individui nutre un profondo senso di fiducia. Tale senso di fiducia è cresciuto grazie al lavoro di un singolo che ha mostrato interesse, dedizione e un certo grado di competenza in un ambito settoriale specifico. In questo modo, le persone hanno iniziato a considerare un blogger una persona autorevole, un persona la cui opinione si può ritenere attendibile e di valore.
Non si diventa influencer, ma c’è una community online che si fa “influenzare” da te, se ti riconosce come voce affidabile nel tuo ambito. Ecco perché nutrire velleità da influencer è ridicolo e credere che tutti i blogger siano e possano essere influenti è molto, molto ingenuo.
Tanto è vero, l’influencer marketing funziona solo quando le aziende (o le agenzie) riescono a individuare le personalità adatte per comunicare con il pubblico – un qualcosa che è molto più che essere delle gnocche da paura stravaccate sulle spiagge di Bali, con un cocktail da sorseggiare, tutto gratis.
Il blogger svilisce il lavoro dei giornalisti – Facciamola finita, vi prego. Questa lotta bloggerVSgiornalisti rasenta il ridicolo. Esistono così tante differenze tra quello che fa il blogger e il lavoro del giornalista che faccio davvero fatica a imputarmi la colpa della deriva del mestiere giornalistico.
Il blogger racconta esperienze personali, di certo fornendo informazioni attendibili ai lettori. Il giornalista riporta una notizia nel tentativo di attenersi al vero o esprime un’opinione in merito a una questione che conosce a fondo. Il giornalista è un esperto nel suo ambito e possiede una qualifica per esercitare la professione. Il blogger anche può essere un esperto, ma la motivazione che lo spinge a comunicare è diversa: non è solo informazione, è condivisione. Il web writer che cura un blog aziendale non dà notizie che non riguardino l’azienda stessa o il settore specifico in cui essa opera, ma prima di tutto è responsabile di una parte della presenza online di una realtà imprenditoriale.
Ad ogni modo, ti invito a leggere questo articolo di My Social Web riguardo le differenze tra blogger e giornalisti, perché è molto chiaro.
I blogger non sono attendibili – Il nostro approccio alle cose tende a essere soggettivo, ma questo non ci rende non attendibili, in linea di principio. Il blogger ideale sa moderare tra componente emozionale e componente informativa nei suoi blog post. D’altra parte, se le esperienze non fossero soggettive, verrebbe meno il senso della comunità: non siamo qui a insegnare le cose agli altri, ma per condividere e discutere.
Purtroppo, le cose sono andate complicandosi. Da quando i blogger hanno iniziato a guadagnare con le sponsorizzazioni, le persone sono diventare diffidenti. Non hanno tutti i torti: se per una collaborazione mi parli bene di un posto (un ristorante, un b&b, ecc), io poi ci vado e sto malissimo, allora devo credere che ne hai parlato bene solo perché sei stato pagato.
Eh sì, è vero, può succedere. Così come succede anche di vedere travel blogger che, di sana pianta, iniziano a pubblicizzare braccialetti solo perché hanno accumulato 15000 follower.
E poi ci lamentiamo che non ci credono più?
Un consiglio che do a tutti, lettori e aziende: “studiate” il blogger, guardate che percorso ha intrapreso attraverso i media, leggete attentamente ciò che scrive. Diffidate delle opinioni pressapochiste e poco argomentate, da chi, con troppa facilità, snatura la propria vocazione pur di guadagnare soldi. Essere attendibili significa anche essere coerenti con se stessi.
Il blogger fa solo quello che l’imprenditore non ha il tempo di fare – Questo è un altro aspetto della faccenda, perché riguarda il web writer, quindi i professionista. La percezione sbagliata sul senso della gestione di un blog aziendale deriva da una più vasta percezione, distorta, del lavoro di un professionista digitale.
Tutto sommato, si pensa la stessa cosa anche del social media manager, che diventa colui o colei che si occupa di pubblicare quattro fesserie su Facebook, giusto perché il Briatore di noi poveracci non ha il tempo di farlo o non ne ha voglia.
Neanche a dirlo, le cose non stanno così. C’è di certo qualcuno, però, che ha fatto credere che bastino davvero quattro parole messe in croce per gestire un blog aziendale.
Come vogliamo sanare questa piaga? Bisogna educare le persone al nostro lavoro e far capire che a scrivere qualcosa di mediamente decente possono essere bravi tutti. Se esiste, però, un figura professionale che si occupa precipuamente dei contenuti di testo digitali, una ragione c’è.
La ragione risiede nel fatto che un web writer conosce fondamenti di marketing, le dinamiche di base della comunicazione digitale, prepara analisi di settore, fa ricerche di parole chiave, analizza le statistiche e non è solo una persona che sa mettere il complemento oggetto dietro al verbo.
Per fare tutto questo, bisogna aver studiato, quindi investito tempo e denaro nella formazione. Per fare tutto questo, ci vogliono ore di lavoro. Per avere tutto questo, si paga il giusto.
Noi non sostituiamo l’imprenditore, noi facciamo una cosa che l’imprenditore da solo non può fare, se il suo mestiere è un altro.
Non si va dal dottore solo perché non si ha il tempo sufficiente per auto diagnosticarsi la malattia, vero?
La morale della storia qual è?
Esistono persone che lavorano male e persone che lavorano bene. Si tende più facilmente a segnalare il male e non tenere nella giusta considerazione il bene.
La morale della favola è che bisogna farsi sentire, con energia, e dare valore al proprio lavoro. Bisogna farlo sempre, continuamente, indefessamente. Sì, è estenuante, ma è necessario. Abbiamo visto che il problema ha una duplice faccia: da una parte c’è l’ignoranza e dall’altra c’è chi fa le cose male.
Il mio intento è quello di prendere sempre una posizione chiara e netta sulle cose, dare valore a chi sono e a quel che faccio. Non ho intenzione di tollerare l’ignoranza e sarò sempre pronta a denunciare la superficialità.
Chi la dura la vince!
Bruna
Articolo esaustivo, efficace, diretto. Ancora una volta sono la tua chiarezza di stile, il tuo registro linguistico e il tuo personale “tone of voice” a renderlo tale. Non c’è dubbio Bruna, arrivi dritta al punto con ricchezza di contenuti, dimostrando competenza e una profonda onestà intellettuale. Chapeau!
Grazie Ilaria! Essere se stessi e “sposare” un tone of voice è qualcosa che richiede responsabilità, prima di tutto. Sapere di riuscire ad arrivare dritta al punto mi fa molto piacere.