La donna che visse due volte (Adelphi), è il romanzo scritto a quattro mani che ha ispirato Alfred Hitchcock: storia di una donna misteriosa e di una drammatica ossessione.
La donna che visse due volte, romanzo scritto a quattro mani da Pierre Boileau e Thomas Narcejac, è la storia che ha ispirato il film di Alfred Hitchcock: La donna che visse due volte – Vertigo. Il film non l’ho mai visto, a dire la verità e non ero nemmeno a conoscenza del libro, scoperto quasi per caso navigando sul sito di Adelphi.
Chi è la donna che visse due volte?
La donna che visse due volte: storia di un mistero
Tutto ha inizio quando Gévigne si reca dal suo vecchio amico avvocato Flavières. L’uomo afferma di essere molto preoccupato per sua moglie, che trova sia diventata strana e assente, come se vivesse in un altro mondo. chiede Gévigne chiede a Flavières di sorvegliarla e scoprire cosa la rende così pensierosa e inafferrabile. L’avvocato accetta l’incarico un po’ controvoglia, segue di nascosto la moglie di Gévigne, Madeleine, per studiarne i comportamenti. Un giorno e di sana pianta, la donna si getta nella Senna e F non ci pensa due volte: la porta subito in salvo. Da quel momento in poi inizia una relazione d’amicizia tra Madeleine e Flavières, fatta di passeggiate, gite e chiacchierate. L’avvocato si innamora perdutamente di Madeleine, donna fine ed elegante, dall’aria sognante. Si innamora dei suoi occhi chiari, che guardano sempre chissà dove; si innamora del suo modo di parlare, di chi vive in un eterno deja vù.
Gli incontri amichevoli tra Madeleine e F s’interrompono tragicamente, con il suicidio improvviso della donna che ormai monopolizza la vita e i pensieri di Flavières.
La donna che visse due volte: storia di un mistero
La lettura di La donna che visse due volte è stata molto piacevole, perché è uno di quei libri a cui si resta incollati. Gli autori lo hanno reso scorrevole e fruibile, ma soprattutto carico di tensione. Non si può non provare pietà per Flavières, ossessionato da Madeleine, così tanto da vederla ovunque. Allo stesso modo, una mente razionale non può credere alla storia di “reincarnazione” in cui la donna sembra implicata. Tuttavia, ci sono dei momenti in cui inizi a credere davvero che la donna debba aver vissuto due volte. Anzi, diciamo anche tre volte, nella figura di Renée.
Da lettore sai che tutto questo è impossibile e che arriverà il momento in cui conoscerai tutta la verità. Percepisci anche che la verità non può che essere scontata. Giungi comunque all’ultima pagina con quell’ansia di scoprire come stanno le cose. È una sensazione estremamente piacevole, per chi legge tanto e ha letto tanto bene da essere diventato piuttosto esigente. Mi è piaciuto leggere La donna che visse due volte perché non mi ha mai annoiato e ha sempre tenuto alta la mia attenzione.
Bisogna spendere due parole sul finale, spoilerando e tenendomi comunque distante dalla questione del cosiddetto femminicidio, di cui questo blog non è di certo il luogo migliore di cui discuterne. Fatta la premessa, non posso non notare quanto l’epilogo di La donna che visse due volte sia esemplare. F è davvero un misero uomo, verso il quale non riesco a provare pena.
Si innamora di un’immagine, una figura. Dovrei anzi dire, Flavières si innamora di un’idea: Madeleine, elegante e fuggevole, dallo sguardo sognante, una donna che ha già vissuto ed è già morta. Mi chiedo se, in fin dei conti, gli omuncoli attuali non si innamorino di un complesso di idee: una donna che appartiene solo a loro e ha costante bisogno di loro.
Flavières si affeziona a un’astrazione e non riesce ad abbandonarla. Comprendi allora perché l’atto estremo, di cui Reneé è vittima, non può che essere la conclusione logica per una mente del tutto offuscata. Non tutti sono in grado di accettare la realtà dei fatti e la necessità di dover rinnegare l’errore. Flavières non lo è affatto, come non lo sono tanti ometti di oggi.