Nottetempo ha sfornato Il grande animale e devo dire che bisogna fare i complimenti a Gabriele di Fronzo. Questo libro mi capitava sotto gli occhi in rete molto spesso; me lo hanno vivamente consigliato: come al solito, non ho resistito molto e l’ho acquistato una settimana fa.
Il grande animale: storia di una tassidermista
Il grande animale è un concentrato di dolorosi ricordi, parole mai pronunciate, di una ribellione interiore che non si è mai palesata. Quando inizi a leggere non ti rendi conto dell’esistenza di questo substrato. Credi che tu stia entrando nel mondo dei vivi/morti del tassidermista: ti fa pure un po’ senso. Almeno a me, gli animali imbalsamati fanno alquanto senso. Una voce narrante di un uomo che ti figuri come il classico topo da laboratorio, che passa il suo tempo con gli strumenti con i quali restituisce vivide sembianze a bestie di ogni fattezza. Sono tentativi da parte dei padroni di manifestare affetto ai propri cani e gatti, serpenti e tartarughe; a volte è l’intenzione di liberarsi dai sensi di colpa, se la morte dell’animale è stata violenta.
Apprendi quanta fatica ed impegno richiedi questo lavoro: il racconto è dettagliato, procede con metodo. Poi scopri anche una storia fatta di violenza, incomprensione, di insoddisfazione che trova la sua valvola di sfogo nell’aggressione a pieno viso. Scopri la storia di un bambino abbandonato e di un padre bruto.
Considerazioni su Il grande animale
Il grande animale di Gabriele Di Fronzo racconta una sorta di paradosso. Da una parte, infatti, ci sono gli animali da conservare per sempre come se fossero vivi; dall’altra c’è una persona anziana, malata, che non può più badare a se stessa: dopo aver subito i soprusi paterni, il tassidermista deve affrontare il lento ed inesorabile decadimento del padre. Un “animale”, al quale deve pulire le piaghe, mentre le sue restano sotto forma di cicatrici. Restano solo una casa e le cose in essa contenute. Gettate via quest’ultime, non rimane che un grande involucro: pareti vuote, silenziose testimoni di un’infanzia per nulla felice. Non so se esistano più interpretazioni per il finale di questo romanzo; personalmente, preferisco credere in un atto di liberazione ultimo, rappresentato metaforicamente da questo sbarazzarsi degli oggetti, e in una cristallizzazione di un luogo, che assimilo al cuore e alla memoria di un uomo. Credo che il tassidermista, nonostante la liberazione, sia cosciente di essere irrimediabilmente segnato da esperienze tanto dure. La casa “imbalsamata” porta i segni di un passato che è lontano ma non si può cancellare: è il grande animale personale del tassidermista, una “bestia” morta che sembra viva. A presto,
Bruna Athena
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