Questa recensione di Ex Voto, di Marcello Fois, forse ti sembrerà un po’ inutile. Dico così perché, a dire il vero, non ti so dire se questo libro mi sia piaciuto oppure no. Io non avevo mai letto prima Marcello Fois, sentivo parlarne bene e così ho pensato di munirmi di questo piccolo Minimum Fax. Il libro è breve, così l’ho terminato subito – proprio nella sera in cui Fois è intervenuto alla finale per la letteratura italiana del Premio Sinbad.
Torniamo ad Ex Voto, dunque. Beh, lo devo comunque ammettere: è stata anche la promessa folkloristica che mi ha attirata. Insomma, io provengo dalla città della Madonna dell’Arco – beh, tecnicamente la città è Santa Anastasia, ma sempre provincia di Napoli è – e così la mia curiosità è salita a mille.
Ex Voto è la storia di Jennifer, di sua madre Antonia e sua nonna Mariarca – sì, esiste questo nome…. – , una storia che inizia a Napoli, nel rione Sanità, approda in Australia e ritorna di nuovo in Italia. Ammetto di averci messo un po’ a ricostruire il filo della vicenda o, per meglio dire, darle un senso profondo. A tratti mi è sembrata un’ennesima rappresentazione del folklore napoletano un po’ troppo calcata, cosa che normalmente detesto. Ad ogni modo, dopo un po’ di meditazione sul testo, ho costruito una personale interpretazione del personaggio chiave, che è Jennifer.
PERICOLO SPOILER!!! Jennifer rappresenta l’infanzia rubata di sua madre Antonia e, a dirla tutta, anche l’adolescenza interrotta della matrigna di Mariarca. Credo che quest’ultima simboleggi, più che altro, una figura assieme coinvolta eppure esterna al tutto, proprio perché fa da ponte tra la sua matrigna e Antonia; è la devota per eccellenza, ma alla fine scopriamo che, lungi dall’essere una strega, è semplicemente una madre adirata. Antonia, così come la sua nonna acquisita, è il simbolo di un’infanzia deturpata dall’abuso e poi di una giovinezza segnata da una gravidanza inaspettata. Una volta che scopriamo il fatto, una volta che Mariarca smette di essere una sorta di fattucchiera e Antonia smette di essere, banalmente, una non credente, quel che resta è solo Jennifer.
La “bambina” di fatto tanto piccola non è; Jennifer è un’adolescente che vive in un’eterna infanzia, fisica e mentale, che esiste quasi a voler restituire all’universo intero infanzia e innocenza – quelle stesse rubate alla bisnonna e alla madre. Jennifer esiste per ripristinare un ordine. Casualmente portando su di sé una ferita che l’accomuna all’icona della Madonna dell’Arco, Jennifer è quella purezza inconsapevole eppure conoscitrice di tutto, scesa in terra. Jennifer già è un miracolo, se intesa in questo senso; un miracolo, tuttavia, avviene di nuovo, quando finalmente la ragazza diventa fisiologicamente donna.
Forse il folklore religioso è servito a raccontare una storia al femminile, che è caratterizzata da brutture, di cui il divino viene a chiedere il conto. La Madonna dell’Arco cerca di “apparare” il guaio e mi ricorda la Madonna dei mandarini, di Antonella Cilento. Beh dai, Ex Voto m’è piaciuto. A presto!
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