Oggi recensione di Come donna innamorata, libro di Marco Santagata, che porta Dante al Premio Strega 2015.
Questa recensione è fatta molto a caldo, non vuol dire però che non abbia meditato prima di farla. Ad essere sincera, Come donna innamorata mi attirava anche prima che sapessi della partecipazione al premio. A scuola avevo un brutto rapporto con Dante, ma evidentemente perché l’insegnamento scolastico tende ad appiattirlo un po’. Ho iniziato ad apprezzarlo all’università, quando il mio percorso filosofico mi ha condotta verso l’esame di letteratura italiana, grazie al quale ho potuto leggere ed approfondire la Vita nuova, opera che ho letto con piacere.
L’autore Marco Santagata non è solo uno scrittore che ha portato Dante al pubblico, raccontandolo in un modo alternativo – se così si può dire. Lo scrittore è prima di tutto uno studioso di Dante e, immagino, ci si possa fidare di lui. Mi sono fidata a ragione.
Il titolo Come donna innamorata fa riferimento ai versi del grande amico di Dante, Guido Cavalcanti. La piccola storia romanzata di Dantino, come era solito chiamarlo l’amico, è fondamentalmente narrata attraverso due figure essenziali per il poeta: Guido, appunto e, naturalmente, Bice/Beatrice.
Questo è un piccolo libro suddiviso in due parti, ognuna corrispondente ad uno dei due personaggi significativi per la crescita spirituale e poetica di Dante: raccontano un giovane testardo ed idealista, un “intellettuale” sui generis che, da una parte, è sempre più consapevole della propria abilità e, dall’altra, non è mai spocchioso.
Molto umano è Dante in Come donna innamorata, ma prima di tutto un visionario: sono appunto come visioni le sue prese di coscienza di sé stesso e del significato della vita. Esistenza, quella dantesca, fatta anche di dolori: la morte di Bice e la notizia di quanto avesse sofferto per il suo matrimonio, la rottura con Guido, l’esilio di quest’ultimo ed infine il proprio.
Dante è idealista nella poesia, nell’amore – chi non apprezza le sue rime, lo deride per questo amore così puro, non sensuale – e anche nella politica. Tutti sappiamo quanto sia stato duro ed umiliante l’esilio per il poeta, eppure non troviamo un uomo che si autocommisera, bensì una persona perfettamente consapevole della propria natura e del proprio posto nel mondo.
Il rapporto di Dante con Beatrice e Guido è decisamente complicato e attraversa varie fasi. Con Guido Cavalcanti si va dall’ammirazione, al dispetto, alla rabbia profonda; con Bice Portinari si va dalla contemplazione fin quasi al rigetto. Sono queste forme di amore inusuali, complesse, atipiche eppure molto umane.
Oltre a questo, resta di sottofondo ma delineato con essenziale chiarezza, il rapporto di Dante con la famiglia di appartenenza e con la proprio famiglia, creata con Gemma Donati. In poche pagine, è raccontato il rapporto stretto con la sorella Tana, a cui il poeta spesso faceva intime confidenze, e in altrettanto rari ma significativi momenti si è rappresentato il legame con la moglie.
Nella mente del poeta, Gemma non poteva che sentirsi, in un certo senso, rivale di Beatrice. Tuttavia, se non è la compagna di vita del poeta a renderlo cosciente di quello che è e di quale impresa deve compiere, è da lei che Dante ottiene, costantemente supporto: a suo modo, Gemma è un sostegno e la prova più evidente che esiste un amore, certo sensuale e terreno, ma tenace ed incondizionato. Infine, c’è l’affetto dolcissimo dell’ultima figlia del poeta, Antonia, che costretta a crescere quasi in sua assenza, è gelosa di Beatrice ma, fattasi suora dopo la morte del padre, decide simbolicamente di adottare il nome della donna angelicata per eccellenza.
Come donna innamorata è stata una lettura piacevole e la consiglio a chiunque desideri conoscere un Dante Alighieri meno severo ed addolcito – perché diciamolo, la scuola ce lo fa tremendamente pesante – , brillante ed intelligente. Alla prossima lettura,
Bruna Athena
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