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Viaggiare non risolve i tuoi problemi

Come si dice da un po’ di tempo a questa parte, ecco la mia unpopular opinion: viaggiare non risolve un briciolo di problema. Sai che che è così, anche se ami viaggiare. Forse non ti va di ammetterlo con serenità, perché vuoi raccontarti che se prepari la valigia e schiaffi il deretano sul sedile di EasyJet , le cose hanno finalmente iniziato a girare nel modo giusto. In realtà non hanno girato affatto, ma il web fa una racconto del viaggio come esperienza che ti sistema la vita.

Il viaggio ti fa dimenticare i problemi. Il viaggio ti aiuta a crescere, ti cambia l’esistenza, ti arricchisce!

Ormai sono abbastanza sicura che si tratti solo di sciocchezze, il più delle volte. Sono fesserie alimentate da buona parte di chi ama viaggiare e abita la bolla del web per giustificare un fatto molto semplice e fisiologico: quando facciamo ciò che ci piace siamo contenti.

Peccato che non siamo tenuti a giustificare sistematicamente ciò che facciamo. E questo vuol dire che possiamo anche partire senza tappezzare il web di strani concetti di fuga da non si sa cosa, di spiegazioni non richieste circa il fatto che ci piace partire. Peccato che fare quel che ci piace abbia l’oggettivo potere di farci sentire meglio (gli ormoni, baby), senza però risolvere nessuno dei nostri problemi.

Ci troviamo solo nell’introduzione di questo blog post, scritto senza perseguire alcun tipo di obiettivo di posizionamento su Google o chi per esso, e solo per condividere delle riflessioni.
Ora mi spiego meglio 😉

Sei felice quando fai ciò che ami

Grazie e graziella! Se ti piace ciò che fai, ne sei contento. Così dovrebbero funzionare le cose. Se fai qualcosa e ti risulta pesante e fonte di stress, in assenza di sollecitazioni esterne, allora probabilmente stai facendo qualcosa che non ti piace.

Se ami ciò che fai subisci di meno lo stress, vivi nella positività e nell’equilibrio. Hai anche più lucidità. Se ho messo in grassetto alcune parole c’è un perché.

Poco importa se ami ballare, nuotare, leggere, cucinare o viaggiare. L’effetto è sempre lo stesso: quando lo fai, ti senti felice. Ma se nella tua vita c’è un problema o una situazione che ti turba nel profondo, allora il turbamento si risolve esclusivamente attraverso la soluzione del problema.

Senza indorare la pillola, faccio qualche esempio: anche dopo aver poggiato il culo sul sedile Ryanair, continuerai a subire mobbing dai colleghi. Anche dopo aver visto la Thailandia, continuerà a pesarti l’assenza di un compagno o una compagna di vita – se per te questa assenza è la fonte di una sofferenza emotiva. Anche dopo le vacanze alle Maldive ti resteranno da pagare le spese condominiali.

Ecco la dura verità: dopo un viaggio strepitoso il problema ti fa la festa di benvenuto non appena entri in casa, torni al lavoro, controlli il conto corrente, ti guardi allo specchio e così via.

Viaggiare non risolve problemi e non ti rende speciale

“Ma a me basta vedere il mondo dall’oblò e tutto sparisce!”

Beh, parliamo di pseudo problemi, banali paturnie, oppure stiamo dicendo una sciocchezza grande quanto l’elefante nel bagno di casa mia, che è piccolo assai, e facciamo finta di non vederlo.

Scorri il Feed di Instagram e sono (quasi) tutti preda della sindrome di Peter Pan: trolley pronto, zaino in spalla e…pufff! Stanno tutti benissimo, pronti a farsi cambiare la vita dal nuovo viaggio che regalerà tanti scorci e “posticini instagrammabili”- ve li buco, i “posticini”, contateci.

È il racconto del viaggio nel web, questo. È una storia che dice che noi viaggiatori siamo persone speciali. Abbiamo la mente aperta e includiamo con amore anche le blatte dello Sri Lanka. Soggiorniamo nel resort a Dubai per imparare, evidentemente, una essenziale lezione di vita. Fermarsi? Per carità! Dobbiamo vedere TUTTO! Bisogna macinare 20 km al giorno a piedi, altrimenti che viaggiatori e viaggiatrici saremmo? Sopra ogni cosa, bisogna ricordare, torniamo a casa ricchi. Sì, dentro. Nel portafoglio meno.

In realtà, viaggiamo perché ci piace e basta. È necessario trovare significati elevati per farlo con passione? No. Possiamo davvero trarre qualcosa di buono per la nostra vita? Può succedere, certo. Intendiamoci: possono arrivare le occasioni che fanno scattare qualche molla interiore. Non credo di peccare di cinismo: sono una minoranza di situazioni.

Il più delle volte:

  • viaggiamo perché ci piace interrompere la routine;
  • viaggiamo perché amiamo l’arte, il mare, l’urbex;
  • viaggiamo perché ci piace dire agli altri che lo fiacciamo;
  • viaggiamo perché vogliamo fare le ferie;
  • viaggiamo chissà per quali altre ragioni.

Motivazioni migliori o peggiori sono argomenti che non intendo tenere in considerazione. Ritorno al punto: non possiamo viaggiare per dimenticare i problemi, perché i problemi si risolvono. Tra le righe leggi pure: “Siamo adulti, vediamo di comportarci da persone responsabili.”

Non esistono modi migliori o peggiori di fare finta di non avere ansie e preoccupazioni. Esistono solo le soluzioni alle nostre questioni importanti che ci piacciono di più o che ci piacciono di meno. Vale a dire che chi viaggia non ha nemmeno nulla di speciale. Fa solo quel che piace di più, giustamente.

A questo punto, traggo una conclusione spontanea: viaggiare responsabilmente significa anche raccontare il viaggio in modo onesto verso sé stessi.

Sono sicura che se iniziassimo tutti a viaggiare responsabilmente anche in questa accezione, il web ci racconterebbe viaggi più autentici, perché lo faremmo rispettando la nostra natura interiore, il nostro modo di vivere l’esperienza per quella che è. Anche Instagram sembrerebbe meno un asilo digitale.

Ci racconteremmo meno balle e saremmo anche più disposti a essere indulgenti verso la parte più fragile di noi, quella che va alla ricerca delle sensazioni positive per sentirsi coccolata e rassicurata. Ma, per Zeus, no: i viaggiatori non sono speciali e i viaggi non risolvono problemi. Tant’è!

Cià!

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