Prima di leggere Gabriella, garofano e cannella, di Jorge Amado, non sapevo nemmeno cosa fosse Salvador da Bahia, in Brasile. Ho scoperto che è stata capitale del paese, uno dei più grandi porti di sbarco degli schiavi africani affacciato sulla Baia di Todos os Santos. Oggi, grande centro dello stato di Bahia nel Nord Est, preserva la sua identità afrobrasiliana e le sue tradizioni.
Alla scoperta di Salvador da Bahia
Bahia, Brasile: a Salvador il centro della cultura afrobrasiliana
Quando ho raccontato di Rio de Janeiro, ho ammesso che la città è sicuramente considerata un simbolo del Brasile, anche se di folklore ce n’è poco. Certo, tutti girano con Havaianas ai piedi, bevono acqua di cocco e vanno in spiaggia, ma a parte questi “costumi” non si vede molto della tradizionale cultura brasiliana.
E la cultura del Brasile è un miscuglio di componenti native, europee ed africane. Il vero cuore del Brasile è afro, è nero.
A Salvador da Bahia l’aria che si respira è decisamente diversa da quella che ti avvolge nella città carioca. Allo stesso modo, anche le persone mostrano di essere più ospitali e rilassate, sia che ti stiano solo (spontaneamente) dando indicazioni su dove andare e dove non andare, sia che ti stiano chiedendo soldi. A proposito: se qualcuno ti ferma e ti dici dove NON andare, dagli retta!
Il centro storico di Salvador: il Pelourinho
Il centro storico di Salvador da Bahia è un bene protetto dall’UNESCO. Negli ultimi anni è stato fatto un massiccio lavoro di riqualificazione, che ha fatto in modo che le piazze e le strade di maggiore interesse turistico si presentassero al meglio ai visitatori. Però resta pur sempre vero quel che accade anche in tanti altri posti del Centro e Sud America, nonché dei Caraibi: bisogna sapere dove dirigersi, perché a volte basta girare l’angolo per trovarsi in situazioni poco piacevoli. Mr. S ed io siamo stati fortunati, poiché più persone ci hanno chiaramente detto quali strade evitare e quale percorso seguire. Visitare il Pelourinho è stato molto semplice, ma anche faticoso a causa dell’afa.
Ad ogni modo, il Pelourinho è situato nella parte alta di Salvador da Bahia, che si raggiunge a piedi dalle fermate degli autobus che provengono dagli altri quartieri oppure con l’Elevador Lacerda dal porto – abbiamo evitato quest’ultimo, visto che nei dintorni c’è una delle maggiori favelas di Salvador. Il centro storico di Salvador porta il nome che riconduce al palo a cui venivano legati gli schiavi africani per la fustigazione. Per fortuna oggi è il coloratissimo cuore di una città vivace e piena di contrasti, come c’è da aspettarsi in molti grandi centri brasiliani. A noi è piaciuto tantissimo, nonostante il caldo per me asfissiante e benché ci abbiano letteralmente spennati.
Non appena metti piede nel Pelourinho, più o meno tutti comprendono che sei un turista: soldi che camminano, per dirla in modo schietto. Ed ecco che ti si avvicinano le bahiane – donne vestite in ampi abiti tradizionali -, danzatori di capoeira, suonatori di samba, artisti di strada. Il più delle volte ti sommergono di oggetti e souvenir chiedendoti una somma a piacere, è più raro che ti venga chiesta una somma specifica – come accade con gli artisti che ti dipingono il corpo. Sì, vogliono i soldi, ma sono generosi.
Il centro si snoda attorno a tre piazze principali: Largo Terreiro de Jesus, Largo do Cruzeiro de São Francisco e Largo do Pelourinho. Su Terreiro de Jesus si affacciano la Catedral Basílica Primacial São Salvador e la Facoltà di Medicina. All’interno di quest’ultima, si trova uno dei siti che più consiglio di visitare: il Museo Afro-brasileiro. Il museo costa davvero poco e in realtà non è molto grande. Espone testimonianze, reperti storici ed esempi di artigianato locale molto pregevoli, chiaramente tutti riconducibili alla presenza africana nello stato di Bahia.
Ma l’opera d’arte più bella e significativa del museo è custodita nella Sala degli Orixás ed è stata realizzata dall’artista di origini argentine Carybé. Essa è una rappresentazione su pannelli lignei degli spiriti detti appunto Orixás, appartenenti al culto africano del Candomblé. La religione del Cadomblé si è conservata nel tempo nonostante la cristianizzazione forzata degli schiavi africani e ancora oggi c’è chi celebra i riti dell’antica religione. Noi abbiamo potuto assistere a uno spettacolo serale che ha tra l’altro riproposto proprio le danze del Candomblé: è stata un’esperienza entusiasmante, ci ha trasmesso tanta energia e voglia di scoprire sempre di più del folklore brasiliano.
Anche la capoeira nasce nello stato di Bahia e sempre grazie agli schiavi africani, che camuffarono un’antica arte marziale con una danza suonata con alcuni strumenti, tra cui il caratteristico berimbau. Oggi è diffusa in tutto il paese ed è entrata a pieno diritto nel patrimonio UNESCO immateriale del Brasile. Ad ogni modo, non è difficile imbattersi nei danzatori in pieno Pelourinho, dove è altrettanto facile passeggiare cogliendo in lontananza le percussioni, il ritmo tribale della samba. Il centro storico di Salvador va a ritmo di musica! Una curiosità: sai che Micheal Jackson ha girato una versione del video di They Don’t Care About Us nel Pelourinho (oltre che nella favela di Santa Marta a Rio)? Se dai un’occhiata al video e riconoscerai i luoghi delle foto di questo blog post!
Tornando al Largo Terreiro de Jesus, come dicevo qui si trova la Cattedrale. Se hai avuto l’occasione di visitare l’Andalusia o il Portogallo, noterai che le chiese brasiliane ricordano molto quelle delle regioni europee citate. Basta una parola per definirle: eccesso. A Salvador non ho trovato chiese “semplici”, almeno non nel Pelourinho. Nella cattedrale un anziano signore di è offerto di farci da guida e, benché parlasse solo portoghese, abbiamo inteso i suoi racconti. Con orgoglio ci mostrava le opere più prestigiose della cattedrale, soprattutto quando si trattava di realizzazioni con materia prima italia (per lo più marmo).
Be’, l’Italia preserva sempre un certo fascino, forse esotico per i brasiliani! Chiaramente, l’anziano signore ha chiesto un’offerta per il suo efficiente servigio ai visitatori.
Su Largo do Cruzeiro de São Francisco, come il nome dice, si trova l’Igreja e Convento de São Francisco e il Coliseu Restaurante & Cultura, il ristorante a buffet in cui abbiamo assistito alle danze tradizionali. Pare che siamo stati molto fortunati a trovare aperta la chiesa di San Francesco: una tipo che ci ha venduto (ma va!) del sandalo profumato ci aveva consigliato vivamente di visitarla, visto che stranamente era stata aperta al pubblico. E quindi non ci siamo fatti scappare questa occasione. Ciò che ho maggiormente apprezzato del complesso, sono stati i bellissimi azulejos.
A quanto pare, per le visite nei centri religiosi era il nostro giorno fortunato e abbiamo occasionalmente trovato aperta, nelle prime ore del pomeriggio, Nossa Senhora do Rosario dos Petros (Nostra Signore del Rosario dei Neri), situata nei pressi di Largo do Pelourinho. In questa piazza pure è un continuo via vai di artisti, suonatori, danzatori e bahiane. Tuttavia, qui si è verificato il secondo episodio sfortunato in Brasile, in termini di visite: dopo il Cristo Redentore di Rio de Janeiro più velato del Cristo di Napoli, a Salvador ho trovato chiusa per allestimento la Fundação Casa de Jorge Amado. Non potete immaginare la delusione! Per fortuna un baretto annesso alla fondazione era aperto e aveva esposto dei ricordi fotografici dello scrittore. Tra questi spicca una cattura di Jorge Amado in compagnia di Marcello Mastroianni, il quale avrebbe poi interpretato un ruolo importante nel film tratto dal romanzo Gabriella, garofano e cannella. Pazienza!
Naturalmente c’è anche altro nel centro storico di Salvador da Bahia, ma il nostro tempo a disposizione è stato poco e le energie, a causa del forte caldo, non erano proprio piene. Quelli che ti ho citato sono comunque alcuni dei siti più significativi del Pelourinho.
Farol da Barra
Il nostro hotel si trovava in un quartiere non troppo distante dal centro storico, ovvero Barra. Altro esempio altro di 4* Lusso piuttosto datato, il Marazul era a due passi dal Museo Nautico e affacciato sul lungomare di Barra, dove ogni anno passano in sfilata i carri del Carnevale. E diciamolo che forse a Salvador rosicano un po’ perché il carnevale di Rio attira molta più attenzione! Ad ogni modo, il primo impatto con il quartiere non è stato magnifico: siamo arrivati tardi, in giro non c’era un’anima, se non un povero disgraziato abbandonato sulle scale del nostro hotel – chiaramente ignorato da tutti. Mi sembrava un quartiere isolato e poco sicuro: mi è venuto il cattivo umore.
Di giorno, invece, Barra cambia decisamente aspetto: fin dal primo mattino, con il caldo o con la pioggia, tante persone escono per andare a correre e portare i cani a passeggio. Le spiagge si affollano e tutto è estremamente vivace. Be’, sullo spostarsi a piedi di sera non ho voluto sentire storie e per le uscite ci siamo mossi sempre in taxi. Ad ogni modo, il mare e la spiaggia di Farol da Barra li ho trovati molti belli, almeno quando ci siamo stati noi – dicembre. Posso dire, quindi, che tutto sommato non è stato male avere l’hotel qui: di giorno, il Pelourinho si raggiunge con l’autobus in pochi minuti e si può fare il bagno; di sera ci si muove con il taxi per raggiungere anche gli altri quartieri, come Rio Vermelho.
Spiagge e movida a Salvador: Rio Vermelho
Poiché abbiamo trascorso a Salvador solo due notti e una giornata l’abbiamo dedicata a una gita fuori porta a Praia do Forte- di cui poi ti racconterò -, non ci siamo informati molto su cosa fare a parte la visita al Pelourinho. Tuttavia, quando il bus per l’escursione a Praia do Forte ci ha prelevati, siamo passati per Rio Vermelho e la guida ci ha spiegato un po’ di cose del quartiere. Oltre a esserci tante spiagge, palazzi nuovi e in costruzione, a Rio Vermelho ci sono anche molto ristoranti e locali di vario genere. C’è un bel po’ di movida, insomma. Così abbiamo deciso di trascorrere la serata lì e cenare. In un ristorante poco frequentato – e poi abbiamo capito il perché – abbiamo mangiato il peixe vermelho.
Si tratta di un grosso pesce dell’Atlantico, che negli stati del Nordeste si usa friggere per intero e servire con riso e verdure. L’abbiamo trovato molto buono, ma visto che il signore che ci ha serviti insisteva tanto affinché lo mangiassimo, e visto che qualsiasi altra cosa chiedessimo non era disponibile, abbiamo capito che al ristorante avevano solo il peixe vermelho – e la cachaça naturalmente. La cosa ci fa ancora tanto ridere: l’espressione insicura del cameriere era tutto in programma! Quella seconda serata a Salvador è stata anche l’ultima, per cui non siamo tornati più a Rio Vermelho. Se avessimo potuto stare di più nella capitale della Bahia, saremmo tornati.
Per quanto sui generis, Salvador da Bahia è una città da includere in un itinerario di viaggio in Brasile. Bisogna essere al corrente di quel che si può vedere nelle sue strade e tenere gli occhi sempre ben aperti. Noi ci siamo divertiti tantissimo, nonostante ci abbiano spillato un sacco di soldi tra collanine, bamboline e disegnini. Ingenui noi, sicuramente, ma l’allegria di Salvador è contagiosa e non siamo riusciti a prendercela a male. Se un giorno dovessimo tornare, staremo più attenti però! A presto,
Bruna Athena