Paura, Stefan Zweig: l’ansia di essere tormentati da se stessi.
Paura è un romanzo di Stefan Zweig, noto scrittore, drammaturgo e biografo austriaco. Qualche anno fa mi sono cimentata nella lettura della biografia della regina Maria Antonietta d’Asburgo, apprezzandone lo stile e la sensibilità. L’autore ha suscitato in me grande interesse, così ho voluto leggerne quest’opera di narrativa, di cui mi hanno colpito il titolo e la quarta di copertina. Ero proprio curiosa di sapere di quel forma di paura volesse raccontarmi Stefan Zweig.
Paura, Stefan Zweig
Paura, Stefan Zweig: la trama
Paura è un libro molto piccolo, infatti all’autore sono bastate poco più di 100 pagine per narrare la vicenda di Irene. Chi è Irene? Una donna come ce ne sono e ce ne sono state tante: è la giovane moglie, appena trentenne, di un noto e benestante avvocato di Vienna, una creatura la cui vita ha sempre avuto un andamento lineare e prevedibile. Da ragazza contrae un ottimo matrimonio e dà al marito due figli, di cui si occupa poco e niente: le governanti servono proprio a questo. È tutto un susseguirsi di visite di cortesia, passeggiate, serate al teatro, e via dicendo. Per farla breve, Irene è una donna borghese fino al midollo.
Quasi per caso o, per come ce lo racconta Stefan Zweig, quasi senza volerlo Irene inizia una relazione con un giovane musicista. Il rapporto clandestino va avanti fino al giorno in cui una popolana non avvicina Irene, ricattandola: sa cosa fa, sa dove rintracciarla, sa come distruggerle l’esistenza. Irene non ha scelta, e dà alla plebea un po’ di soldi: lo fa una volta, poi una seconda, una terza…
L’espediente non può funzionare per sempre e Irene sa che, prima o poi, la verità verrà a galla.
Die Angst – L’angoscia di Irene
Il titolo originale del romanzo breve di Stefan Zweig è Angst, che vuol dire angoscia. Non conosco le ragioni della traduttrice Ada Vigliani, che ha preferito intitolarlo Paura, ma credo che lo stato d’animo di Irene sia più preso d’angoscia che da paura. L’angoscia è uno stato psichico che abbraccia l’ansia e l’essere in apprensione per qualcosa. Monopolizza la mente, la quale, a volte, sembra anche essersi totalmente liberata dal pensiero angosciante. Lo spirito angosciato vive anche momenti di spensieratezza, fino a quando anche un fatto davvero minimo non lo riporta in uno stato nel disagio: il pensiero di quanto accadrà – forse o certamente – torna più vigoroso di prima.
Il senso di angoscia di Irene è raccontato da Stefan Zweig in modo eccellente. La prosa dell’autore è raffinata, essenziale e pulita. Il profilo psicologico di Irene è delineato con chiarezza; così l’autore ci descrive come la donna è solita vivere le proprie relazioni:
Era una di quelle creature, non rare persino tra le donne leggere o addirittura di facili costumi, il cui animo è così profondamente borghese, che esse introducono finanche un ordine nell’adulterio e una sorta di calore domestico nella trasgressione, e cercano di tessere con pazienza la tela della quotidianità anche utilizzando il sentimento più inconsueto.
Come ho accennato, Irene è una donna profondamente borghese e tutto, nella sua vita, procede secondo i piani. Non ci sono difficoltà e intoppi di alcun genere: ogni cosa procede per inerzia, senza che ella debba fare il minimo sforzo, e ciò vale anche per la relazione extra coniugale.
Irene viene via dalla casa del suo amante sempre con il timore di esser riconosciuta da qualcuno, ma è ben altra cosa quando il pericolo si fa concreto. A quel punto Irene si sveglia da una sorta di torpore e si accorge di quanto le sia indifferente il giovane amante. In preda all’apprensione di chi ha molto da nascondere, osserva attentamente il marito per studiarne atteggiamenti, espressioni e addirittura la prestanza fisica. Si rende conto di non avere una profonda confidenza con l’uomo che ha sposato. E il marito, da parte sua, pare aver intuito qualcosa. D’altra parte, le poche parole che questi pronuncia ci sembrano quasi indecifrabili: la caccerà di casa, la ucciderà, la perdonerà?
La paura è peggio del castigo; perché alla fine il castigo è qualcosa di determinato e, sia pesante o meno, è sempre meglio della spaventosa incertezza, della tremenda tensione che si prolunga all’infinito.
Stefan Zweig indaga viaggia nella mente di Irene, come potrebbe farlo nell’animo di una persona che sa perfettamente di avere qualcosa da confessare. Irene viene fatta a pezzi dall’ansia, che la priva della gioia di uscire all’aria aperta, godersi i figli, liberarsi e confidare ogni cosa al marito. È facile immaginare la soluzione pensata dalla donna, ma lo è meno, anche se non è impossibile, indovinare il finale della storia.
La vicenda di Irene ha una morale. Oh, ho scritto proprio morale! Cosa vuole dirci Paura? Ah, certo: le donne devono essere fedeli ai propri mariti, sennò son guai. Giusto? Non credo affatto che Stefan Zweig volesse ribadire, in un certo senso, l’ovvio; credo, invece, che volesse scrivere una bella storia d’amore. Eh sì, l’amore: quello che conosce i mezzi illeciti, come la guerra. A presto!
Bruna Athena