Il Salto – Elegia per un amico è il modo in cui Sarah Manguso ricorda e descrive il suo forte legame d’amicizia con l’amico Harris, morto suicida.
Il salto – Elegia per un amico è una recente pubblicazione di NN Editore. Come forse sai, apprezzo molto questa casa editrice, che fino ad ora non mi ha mai delusa. Il salto non è un romanzo, ma una sorta di memoriale che l’autrice ha scritto per il suo amico Harris. Tra le cose che le sono chiare fin da subito c’è la certezza di non voler scrivere una biografia dell’amico scomparso. Sarah forse non sa nemmeno esattamente quale sia la forma giusta per comunicare il proprio sentire. Così ella ricostruisce la nascita e, di fatto, la morte di un’amicizia fuori del comune, consapevole dell’esistenza di un buco temporale di cui non sa dire niente: le 10 ore che precedono il suicidio di Harris.
Gli argomenti del post
Il salto: ossessione per la morte e psicosi
Per Sarah Manguso il pensiero della morte è ricorrente, quasi ossessivo. Il suicidio di Harris è l’occasione per tirare le somme, se così si può dire, di una riflessione sulla morte durata una vita intera.
Sarah è stata affetta da psicosi, ha tentato più volte il suicidio: ironia della sorte, tanto inizia a rimettere ordine tra i suoi pensieri, quando le giunge la notizia di Harris, come un fulmine a ciel sereno.
Sarah ed Harris erano legatissimi: non hanno mai conosciuto l’intimità del sesso, ma hanno vissuto in un’intesa più forte di quella di due amanti. La scomparsa dell’amico è un lutto grave, che ella elabora con difficoltà pensando e rimuginando, ricordando.
L’autrice ripensa alla presenza di Harris nella propria vita, riflette su quanto avrebbe potuto fare per impedire che i sintomi dell’acatisia prendessero il sopravvento sulla sua volontà. A me viene di nuovo da riflettere su quanto gli americani “simpatizzino” per le psicosi e siano fragili: è un elemento molto ricorrente in letteratura, anche in quella biografica. Sto ripensando anche a Sylvia, il racconto autobiografico di Leonard Michaels – ma questa è un’altra storia.
Sarah racconta dei primi tempi trascorsi a Manhattan, nell’appartamento condiviso con Harris, del giorno in cui New York sprofondò in uno stato di follia pura e terrore, in seguito all’attentato al World Trade Center. Paradossalmente, sembra che l’11 settembre non l’abbia colpita più di tanto, mentre prova un dolore ben più intenso quando scompare Harris. La cosa non mi stupisce affatto, come non mi stupisce che l’incomunicabilità del dolore sia la più grande conclusione a cui Sarah Manguso arrivi, nel corso del suo racconto/memoriale.
L’incomunicabilità del dolore
Il dolore è incomunicabile e il tentativo di Sarah di raccontare di Harris è riuscito in parte. L’autrice riesce a trasmettere l’eccezionalità e la tenerezza di un rapporto d’amicizia desueto; possiamo comprendere che la morte dell’amico è un evento di importanza cruciale nella sua vita, ma resta comunque inaccessibile per noi la comprensione di questo dolore.
Sarah non può scrivere dell’intensità con cui questa perdita è sentita, non può spiegare perché il ricordo di Harris sia così ricorrente, perché è proprio con lui che desidera parlare in alcuni momenti della giornata e perché a volte ha l’impressione che sia ancora vivo.
Il salto offre tanti spunti di riflessione: primo fra tutti, è quello sul senso della vita e della morte. Sarah Manguso ne parla però in un modo che ho trovato un po’ ostico, ma forse ho avuto questa impressione perché lei stessa è una persona problematica e squilibrata, il suo pensiero a volte sembra contorto. Non voglio dire che l’autrice scriva in modo difficile: intendo affermare che è difficile per chi vive in modo più equilibrato stare dietro a un flusso di pensieri ossessionanti per chi li mette nero su bianco. Ecco perché mi ha colpito maggiormente il tema dell’incomunicabilità del dolore. Penso che sia questa nostra naturale incapacità comunicativa e di comprensione a complicare le relazioni umane: dimentichiamo che non possiamo comprendere tutti e che nessuno è così perfetto da riuscire a esprimere, in modo esaustivo, ogni sensazione e pensiero.
Bruna Athena
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