Cara Gabriela,
mi rammarico di averti conosciuta così tardi. O forse è stato un bene, scoprirti a trent’anni? Lo dico spesso: non tutte le letture sono adatte a qualsiasi età. La tua poesia è carica di passione e tanta nostalgia. Più di ogni altra cosa, sei liricamente tragica: il riferimento alla fine delle cose e alla morte è costante.
E non chiamare come clemente la morte,
perché nel corpo di bianchezza immensa
resterà un vivo brandello che sente
la pietra che ti soffoca
ed il vorace verme che ti fora.
(da Gocce di fiele)
Quanto ci è distante la fine di tutto? Lo è tanto, per tutti. Quanto è vicina? Sempre troppo, per ognuno di noi. Cosa è cambiato rispetto a quando avevo dieci anni di meno? Semplice, ma, come spesso accade, non scontato: il fatto che nel mondo tutto sia finito è diventato più accettabile. Non si tratta di essere rassegnati, ma di aver scelto di vivere meglio: con più leggerezza e intensità.
Perché si vive intensamente quando si riesce ad avere la giusta distanza dalle cose – e anche da alcune persone. Apprezzi di più un’esperienza, se sai che è irripetibile, ferma in un eterno oggi: può essere una conversazione con una persona sconosciuta sul tram o un tramonto, fa lomstesso. Non tornerà più nulla, è un dato di fatto, ma lo porterai con te finché ne avrai memoria. Il vero dramma non sta nel non ripetersi delle cose; il dramma è non avere più memoria.
Dammi la mano e danzeremo
Dammi la mano e mi amerai
come un solo fior saremo
come un solo fiore e niente più.
Lo stesso verso canteremo
allo stesso passo danzerai
Come una spiga onduleremo
come una spiga e niente più.
Ti chiami rosa e io speranza
ma il tuo nome dimenticherai
perchè saremo una danza
sulla collina e niente più.
(Dammi la mano)
Ora ti leggo così, con gli occhi di chi sta imparando ad apprezzare il momento e non si lascia turbare dei tuoi versi. Anzi, per tutta risposta della mente e del cuore, essi mi offrono l’occasione per meditare sulla vita ed emozionarmi ancora, al ricordo di quanto ho vissuto. C’è da stupirsi che ti abbiano dato il Premio Nobel – prima donna del Sudamerica – e che in te Pablo Neruda abbia trovato una maestra? Naturalmente, no. A presto cara Gabriela!
Bruna