Mancarsi, Diego De Silva: breve commento di una piccola lettura, che ci accompagna attraverso strade fatte di vicende e pensieri da persone ordinarie.
Oggi desidero darti un consiglio di lettura. Ho acquistato Mancarsi pochi giorni fa, l’ho subito letto e ne ho scritto qualcosa. Il mio è un commento leggero, scritto in un momento in cui il caldo ha avuto la meglio su di me. Meglio così: un libro leggero vuole sempre leggerezza. Desidero che tu conosca Mancarsi, sperando che il consiglio di lettura sia di tuo gradimento.
Mancarsi, dopo Malinconico
Avevo molta voglia di leggere Mancarsi, perché di Diego De Silva ho avevo letto solo i romanzi di Vincenzo Malinconico, il simpaticissimo Malinconico. Siamo a livello di libro di intrattenimento; c’è un po’ di Vincenzo in ognuno di noi, è per questo che ci piace tanto. D’altro canto, una parte anche abbastanza considerevole di letteratura italiana odierna gioca molto su personaggi di questo genere e storie che appartengono alla nostra quotidianità. In fin dei conti è un bene: non è sempre necessario parlare del trascendentale.
Volevo cimentarmi un una lettura un po’ diversa, per quanto riguarda l’autore. Mancarsi poteva offrirmi questa possibilità. Il libro è piccolissimo, nemmeno 100 pagine, e l’ho letto subito. M’è piaciuto? Posso dire che non è male, resta una lettura per intrattenersi, ma non superficiale.
La normalità di Mancarsi
La narrazione procede su due livelli. Un livello è quello di Nicola, con la sua storia che a causa di un evento drammatico cambia radicalmente direzione. L’altro livello è quello di Irene, una donna con un grande dialogo interiore, che ha imparato ad ascoltarsi abbastanza per sapere cosa vuole e cosa non vuole.
Sono storie semplici, a loro modo del tutto ordinarie. L’ordinarietà e le situazioni comuni non sono mai state un problema per la narrativa: scriverne non è reato, leggerne nemmeno. La noia proviene sempre ed esclusivamente dal modo in cui le si racconta. Mancarsi è un libro piacevole, benché assolutamente non impegnativo. Sdogana situazioni, pensieri e sensazioni con cui tutti abbiamo confidenza e ce le ripropone con quella schiettezza che ci fa sorridere e tifare per l’incontro decisivo tra Irene e Nicola.
Mancarsi di certo non ha la potenza di quelle opere che ti dicono l’ovvio con la forza di una sberla: non pensi di avere vissuto un’epifania.
Più che altro, leggendo ti scopri a ripensare alle tue piccole ipocrisie quotidiane, alle fughe strategiche, alle ammissioni di colpa, alle giustificazioni. Nessuno è esente, chi più e chi meno, da pastrocchi esistenziali, meschinità di vario grado e pippe mentali.
Santo Dio, non la sopporto più la tua sincerità, la tua buona fede, la pacatezza con cui t’imponi e scegli, la tua chiarezza di idee su come vuoi sia fatta la tua vita. Non ti fai nessuno scrupolo nel ribadire continuamente i confini della tua persona.
Ribadire continuamente i confini della tua persona: a volte l’egocentrismo – perché di tale si tratta – ha modi molto sottili di manifestarsi. Uno di questi è riempirsi la bocca di una sincerità, che altro non è se non un modo come un altro di lavarsi le mani e non voler essere responsabili del proprio modo di agire. Sono tanti io però te l’avevo detto, io però ti avevo avvisato, sono sempre stata/o sincera/o che ti fanno venir fuori dalla pancia affettuosissimi “E stì cazzi!”
Non dirmi che non ti è mai capitato di urlarlo un bel “stì cazzi!” – è liberatorio, te lo consiglio ogni tanto proprio per prevenire perniciosi fenomeni di accumulo. Ad ogni modo, mi piace quando un libro stimola, nella sua semplicità, un certo tipo di riflessione: inevitabilmente lo apprezzo.
Mancarsi è una lettura leggera e piacevole, ovvia quanto basta per farti immedesimare in situazioni e persone; profonda abbastanza per farti riflettere un po’ sulle miserie di noi semplici esseri umani. Ecco, Mancarsi è proprio umano. A presto,
Bruna