L’altra figlia è l’ultimo romanzo di Annie Ernaux pubblicato da L’Orma Editore. Un lungo scritto in cui una donna racconta i propri sentimenti alla sorellina scomparse che non ha mai conosciuto.
L’altra figlia è un brevissimo romanzo di Annie Ernaux. L’autrice francese ha trovato spazio in Italia grazie all’iniziativa di L’Orma Editore; conosco il suo libro Gli anni, che ha concorso nella sezione di narrativa internazionale al Premio Sinbad. Sapevo L’altra figlia era stato da poco pubblicato, così quando me lo sono trovato difronte inaspettatamente in libreria, non ho potuto fare a meno di acquistarlo e leggerlo immediatamente.
Chi è L’altra figlia
L’altra figlia è un libro che si legge in un pomeriggio. Si tratta di una sorta di lettera che questa donna – a quanto pare una scrittrice e da ora in poi mi riferirò a lei con questo nome – scrive alla sorella morta alcuni anni prima che nascesse. Ella non viene a conoscenza del fatto perché i genitori con consapevolezza e decisione glielo comunicano. La scoperta dell’esistenza della sorella avviene quasi accidentalmente: gli adulti hanno il brutto vizio di parlare come sei bambini non li ascoltassero e non li comprendessero. La scrittrice porta con sé questo segreto: i genitori non le racconteranno mai nulla, lei si sente in dovere di far finta di non sapere. L’altra figlia condensa in poche pagine anni ed anni di pensieri e di sensazioni connesse a quella che in un giorno d’agosto – lo stesso giorno in cui Cesare Pavese si suicida a Torino – diventa un’evidenza: lei non è la figlia unica, lei è l’altra figlia.
L’altra figlia: un dialogo con l’aldilà
La scrittrice non crede in Dio, ma in un certo senso si augura di poter far arrivare i suoi pensieri alla sorella, che nell’eternità è rimasta una bambina di sei anni. Man mano che si va avanti nella lettura procede il racconto di un’evoluzione sentimentale molto particolare. Più si va avanti e più prende forma e si consolida la consapevolezza di non essere la figlia dei droghieri, ma loro l’altra figlia: quella venuta dopo, venuta proprio perché l’altra non c’è più.
Sei sempre stata morta. Sei entrata morta nella mia vita nell’estate dei miei dieci anni. Nata e morta in un racconto, -come Bonnie, la figlia di Rossella e Rhett in Via col vento.
La narrazione ci fa esplorare l’indifferenza dei primi momenti, che succedono la scoperta. La bambina non sa che pensare, non sa cosa provare nei confronti di un essere che le appartiene per familiarità e non le è mai appartenuto. Riesce a provare fastidio nel venire a sapere che lo piccola sorellina, un attimo prima di andarsene, dice che sa di star andando verso Dio. Ritornano alla mente della scrittrice le parole lette in Jane Eyre, ma non riesce ad accettare che questa sorella sia considerata una santa. Ella si percepisce diversa: poco credente, poco ubbidiente, poco buona e sempre malaticcia, tanto da far disperare continuamente i genitori. Quest’ultimi non sono altro che lei e lui: sono quasi ombre, ben delineate, ma pur sempre ombre. Nel momento in cui la bambina viene a sapere di aver avuto una sorella, inizia il distacco verso i propri genitori.
Orrore e senso di colpa nello scoprire in me il pensiero selvaggio che, evidentemente, tu non fossi fatta per la vita, che la tua morte fosse programmata nel computer dell’universo e che tu sia stata spedita sulla terra, come scrive Bousset, <<solo per far numero>>. Vergogna nel sentir riemergere in me la convinzione che tu dovessi morire, che il tuo sacrificio fosse necessaria per la mia venuta al mondo.
Dopo l’indifferenza, subentra la presunzione: la scrittrice è quasi convinta che esista un piano secondo il quale la morte della sorella è avvenuta per permettere a lei di vivere e di scrivere. Ben presto questo sentimento muta e si trasforma in risentimento: le ristrettezze economiche non avrebbero potuto permettere alla coppia di avere due figli. Non c’è dubbio alcuno: la seconda figlia è l’altra, perché se la prima non fosse morta lei non ci sarebbe mai stata. Inizia a sentirsi ingannata.
Benché la scrittrice spesso non riesca a definire il proprio sentimento nei confronti della sorellina, addirittura arrivando a dire di non riuscirne a parlare se non per negazione, penso che ella si senta ben più legata alla morta di quanto lo sia ai genitori. In altre parole, la scrittura mette nero su bianco un legame con i morti ben più forte del legame con i vivi. Se i genitori sono stati gli ingannatori, la sorellina è stata a suo modo la persona che ha comunque dato senso alla sua vita. Forse è proprio per questo che è più sentito il desiderio – impossibile da soddisfare – che la sorella possa leggere questa lunga sua “lettera” della volontà di chiarire una volta e per tutte con i genitori, rivelando loro di sapere tutto. Si sente non voluta: non è stata voluta fino a quando non è avvenuto il drammatico evento.
Tutto questo viene descritto in 80 pagine: mai scontate, mai complicate e sempre molto profonde, sottili ed intelligenti. La scrittrice è probabilmente totalmente schietta con sé stessa se non nel momento in cui decide di scrivere alla sorellina. Ho trovato L’altra figlia essere un bellissimo libro: per la tematica trattata e per il modo in cui è stato scritto. Quando si dice avere stile: Annie Ernaux ce l’ha da vendere. A presto,
Bruna Athena
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