Cara poetessa Saffo,
devo proprio ammettere che con me si vince facile. Parlami dell’amore e della bruciante gelosia, della musica e dei canti, degli antichi rituali: così m’inviti a nozze. Non ho letto poi molto di te, ma quel poco che m’è bastato a farmi travolgere da forti sensazioni e anche ricordi. Mi bastano poche righe per liberare la mia immaginazione e tornare, con la mente, al tempo degli dèi: il tempo in cui Afrodite ti veniva in soccorso.
Chissà, forse nella mente degli ignoranti sei solo la poetessa dell’amore tra donne, dell’omosessualità: ecco come ridurti a quasi nulla. Semplicemente, hai celebrato l’amore in ogni sua forma e ogni volta l’hai provato come se fosse una cosa nuova. Non aveva importanza alcuna a chi fosse rivolto, se alle tue allieve o agli uomini. Leggendoti, ho sentito che la tua unica urgenza non era altro che quella di tornare ad amare; amare con il pensiero, con il corpo e con il canto chiunque avesse la capacità di farti battere forte il cuore.
Sono molto affascinata da questa libertà, che non conosce limiti e si consuma sui prati, sulle spiagge di Lesbo, tra le onde del mare. Sì, più l’amore è libero dalle catene e più me lo figuro selvaggio, ossia vicino alla natura.
Ti immagino ora mentre insegni le arti alle fanciulle, la musica e la danza, la seduzione. Sento il suono dei flauti, vedo che cerchi con lo sguardo l’arrivo di Eros, nella speranza che possa scuoterti ancora una volta. Che grama la vita senza amore né passione, vero mia Saffo? Ti saluto, o donna che somigli così tanto agli dèi. Per sempre tua,
Bruna