Ciao Agatha,
non so se te l’ho mai raccontato, ma ti ho conosciuta grazie a mio padre. In famiglia è lui l’appassionato di thriller e di gialli. A dirla tutta, fin da piccola mi sono innamorata di Sherlock, però ho sviluppato una simpatia smodata per Hercule Poirot.
Il belga, testa di uovo, Hercule Poirot m’è sempre sembrato il padre della logica! Quando cercano di coinvolgermi in quei giochi in cui dovresti arrivare ad una soluzione semplicemente ragionando, io mi sento piuttosto cretina e penso: “Ci vorrebbe Poirot!”.
Più o meno mi sentivo così anche leggendo i tuoi piccoli romanzi gialli, tuttavia questo sentire non mi ha demotivata. Ha sempre vinto la curiosità di arrivare fino alla fine, scoprire l’assassino e “ascoltare” l’omino belga spiegare. Posso quasi affermare che dell’assassino e dei suoi moventi me ne importava poco e nulla, piuttosto morivo dalla voglia di leggere la spiegazione di Poirot, per immaginare le facce di stucco dei presenti e pensare, tra me e me, che sono stata proprio una polla a non pensarci!In altre parole, quella dei tuoi libri è sempre stata una lettura molto stimolante.
Come si fa a scrivere tante gialli, soprattutto quelli di Poirot, così macchinosi? Ti immagino, Agatha, alla macchina da scrivere, concentrata come se stessi svolgendo astrusi calcoli. Nel mio immaginario, chi scrive i gialli è un po’ un matematico. Chissà, forse il genere mi piace nella misura in cui le scienze mi affascinano.
Credo che non ci sia nulla di superiore ad Assassinio sull’Orient- Express e Dieci piccoli indiani: tutto il resto è noia! Difficilmente ho trovato qualcun altro in grado di trasmettermi tanta curiosità, nel leggere una storia, e tanta voglia di scoprire tutto quello che di razionale c’è nell’agire umano: ogni cosa ha una spiegazione, per l’appunto!
Credo che ti rileggerò, Agatha. Magari, dopo tanti anni, sono diventata più brava a smascherare il colpevole! A presto,
Bruna