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Perché il web non è un posto per permalosi: personal branding e cura delle relazioni

Il web non è un posto per permalosi. I social network non sono adatti a chi si offende. Cosa voglio dire?

Non parlo di coloro che nei nostri amati gruppi non sanno cosa significhi la civiltà – giudizi, insulti e via dicendo – piuttosto parlo di un’altra categoria di utenti che applicano una strategia di personal branding – ammesso che così la si possa chiamare – alquanto dubbia e, di conseguenza, si comprende che scelgano anche male chi seguire o meno.

social media personal branding

 

Non possiamo seguire tutti, bisogna scegliere; allo stesso modo, bisogna comprendere che non è scontato che chi seguiamo ci segua altrettanto. Ricordiamo: no asilo del web!

I social network sono diversi tra loro e questo non dipende esclusivamente dalla loro fruibilità, dal loro essere più o meno visual. Queste sono caratteristiche essenziali, ma ogni rete social genera precipue dinamiche d’interazione. Negli ultimi giorni Twitter è stato sulla bocca di tutti: i cuoricini non sono stati molto apprezzati dagli amanti delle stelle e, di conseguenza, si è diventati parecchio scettici sulle possibilità che il social possa riprendersi sul serio. Non è questo un post su Twitter, ma parto dalle sue caratteristiche esso per accompagnarmi in questa riflessione.

follow e defollow

Twitter è dispersivo e, a suo modo, lo è anche Instagram. Quando mi sono iscritta a Twitter, ho commesso un errore banale: a suo tempo non conoscevo bene le regole del marketing e del personal branding, così mi son ritrovata a seguire troppi account. Me ne sono pentita: più un social network procede veloce, più è facile che tu perda chi e cosa esattamente ti interessa davvero. Ho iniziato così a seguire nuovi account con più attenzione e, lo dico senza alcun problema, a smettere di seguirne altri.

La reazione di molti è stata la seguente: io ti seguo, tu non mi segui, allora smetto di seguirti; smetti di seguirmi, allora anche io smetto di seguire te. Su Instagram, molte aziende iniziano a seguirti per attirare la tua attenzione: passa qualche giorno e ti abbandonano. Sedotti e abbandonati? No, non è esattamente così che funziona!

branding

Bisogna, naturalmente, distinguere tra un account personale e un account aziendale, tuttavia le strategie di branding si somigliano, sotto certi aspetti, per cui mi sento di dire che non può mai mancare la cura verso i propri follower. Se questo è vero sempre, che tu sia un singolo o un’azienda, vien da sé che la scelta delle persone da seguire deve essere ben ponderata – ci si riallaccia un po’ a quanto detto sugli influencer.

Se smetto di seguirti su Twitter, è probabile che al di là della tua bio, non abbia trovato nulla di interessante, utile o divertente – sì, ci deve anche divertire – che mi abbia spinto a mantenere viva questa relazione virtuale. Non puoi offenderti, piuttosto, spero che tu abbia avuto un buon motivo per seguirmi, se hai ricambiato il follow; così come credo che se non ho suscitato il tuo interesse, anche in questo caso un motivo è esistito: non posso offendermi.

In altre parole, la reazione immediata di defollow è infantile, priva di logica. Non è così che si curano le relazioni.

 

Similmente, e qui devo dire che inizio a fare la permalosa anche io, trovo oltremodo seccante che un famoso parrucchiere di Napoli inizi a seguirmi perché ho una bella chioma, riceve il mio follow su Instagram e, pochi giorni dopo, mi lascia. No! Cosa t’aspettavi, che mi precipitassi da te solo per un cuoricino? Che ingenuità! Scegli bene gli eventuali influncer, cura e coltiva la relazione: in altre parole, corteggiami: fammi sentire perché dovrei avere un buon motivo per farmi fare i capelli da te. Altrimenti? Altrimenti non ci vengo, semplice e chiaro. Insomma, il principio fondamentale resta sempre lo stesso: buttarsi nella mischia non va bene, bisogna stare attenti a chi seguire, essere pragmatici e selettivi.

Il web non è un posto per permalosi; non è un luogo della promiscuità, bensì il luogo virtu-ale virtu-oso delle relazioni feconde.

Per fortuna, ho avuto modo di trovare aziende davvero “coccolose” e penso che ne parlerò molto presto. Buona giornata e buon lavoro!

0 commenti su “Perché il web non è un posto per permalosi: personal branding e cura delle relazioni”

  1. Ecco perché su Twitter seguo solo chi mi interessa davvero. Oltre a pochi colleghi che stimo, gli altri sono tutti account relativi alle serie tv, altra mia grandissima passione. Ok il personal branding, ma i social network vanno presi per quelli che sono: un modo per svagarsi, nulla di più.

  2. A me è invece successo su Facebook. Ho chiesto l’amicizia ad un paio di persone che lavorano a vario titolo nel web. Molto probabilmente abituate a vedere le
    Persone pendere dalle loro labbra. A me non sono piaciute e quando ho smesso di seguirle, mi hanno tolto l’amicizia. La cosa mi ha fatto riflettere sul fatto che chi punta sul suo personal branding e vuole essere considerato influencer in realtà sta solo cercando del pubblico sbavante che assecondi ogni loro alito sui SN. non cercano minimante scambio o relazione.

    1. Quando si fan prima portavoce di un certo modo di fare personal branding, non ti pare che, agendo come hai descritto, stiano a tutti gli effetti predicando bene e razzolando male? Della serie “fai quello che dico io, non fare come faccio io! ”
      *_*

  3. Assolutamente. E aggiungo: se una persona è mediamente attenta a come gli altri si pongono, certe cose si leggono fra le righe. Con i due personaggi in questione mi ero accorta di qualcosa che “stonava” nel loro modo di porsi. E guarda caso, non mi sono sbagliata. Secondo me ai loro occhi ero la classica “signorina nessuno” che si è permessa di non seguirle adorante e sbavante.
    Mi è anche tornato in mente che su FB una twittstar mi aveva chiesto l’amicizia, salvo poi toglierla, cancellando addirittura i messaggi privati che ci eravamo scambiati. Atteggiamenti che proprio non condivido.

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