Sylvia, Leonard Michaels: racconto autobiografico della storia d’amore con l’affascinante e instabile Sylvia.
È possibile che una donna come Sylvia abbia un ascendente così forte sulle persone, anche da morta? Questo libro non è tra i più belli in assoluto che io abbia letto, ma non riuscivo a staccarmene, così come il pensiero ancora non se ne stacca del tutto. È responsabilità di Sylvia, ne sono certa.
Il racconto autobiografico Sylvia
Sylvia è un racconto autobiografico di Leonard Michael, studioso di letteratura americana e scrittore. Questo piccolo libricino, edizioni Adelphi, è una bomba a orologeria. Si prova questa sensazione, quando lo si legge: sembra di avere un oggetto pronto a esplodere.
Leonard è un giovane laureato, che torna a casa dei suoi genitori senza sapere esattamente cosa fare nella vita. Leonard, insomma, era un ragazzo degli anni ’60 senza né arte né parte: un po’ come tanti giovani della nostra generazione. Incontra Sylvia grazie a un’amica, ed è subito bruciante attrazione.
All’improvviso Sylvia smise di spazzolarsi, andò nel soggiorno, si lasciò cadere sul divano, si appoggiò con la schiena alla parete di mattoni e si abbandonò completamente. Poi, da dietro la lunga frangia nera, i suoi occhi si mossero, mi guardarono. Il dubbio su cosa fare della mia vita fu risolto per i quattro anni successivi.
Sylvia non ha forza, ma è forza attrattiva all’ennesima potenza; allo stesso tempo, è forza centrifuga: cerca di portarti lontano da quel centro che è lei stessa. Bipolare, instabile, paranoica: potremmo definirla in questi termini. Sylvia è una forza che si esaurisce tragicamente, dopo l’ennesimo tentativo di mettere Leonard in fuga e poi trattenerlo.
Leonard vs Sylvia
Leonard è un uomo che soppesa le cose, riflette attentamente su di sé e Sylvia. Questo non lo aiuta a gestire una situazione sentimentale totalmente insostenibile, in alcuni momenti. La relazione tra Leonard e Sylvia ha clamorosi alti e bassi, che in fondo ricordano l’altalenante quotidianità di coppie normali. Gli eccessi di Sylvia, d’altra parte, sembrano portare questa storia d’amore fuori dalla realtà.
Un’altra volta tirò tutte le mie camicie fuori dai cassetti, le gettò sul pavimento e le calpestò selvaggiamente, sputandoci sopra. La afferrai per i polsi e la schiacciai sul letto, urlandole in faccia che l’amavo. (…) Io, vibrante di angoscia, fin troppo sveglio, mi costringevo a ripensare alla lite attimo per attimo e scrivevo tutto nella stanzetta fredda, mentre Sylvia dormiva. Era il mio modo di sapere, se non altro, che tutto questo stava accadendo davvero.
I tentativi da parte di Leonard di prevedere le reazioni della sua compagna, poi moglie, sono sempre destinati a fallire. Egli l’ama in maniera totale e vorrebbe sempre assecondarla e accontentarla, ma non ci riesce. Gli risulta impossibile soddisfare la sua donna, perché lei è alla ricerca di certezze e considerazione continuamente. Sylvia si percepisce come quella periferia desolata e abbandonata, di una grande città, ed è per questo che vuole essere il centro del mondo di Leonard. Cerca compassione, si convince che il proprio compagno non l’apprezzi abbastanza e non la consideri bella, ma non è disposta ad accettare considerazione e devozione quando lei non li richiede espressamente.
Sylvia: questo amore è una malattia
Sylvia è malata; l’amore di Sylvia e Leonard è un amore malato e senza via d’uscita, per quanto autentico. Fino all’ultimo minuto della sua esistenza, Sylvia è l’imprevedibile ragazza del mistero. Lei attira l’amore e lo allontana: Leonard cerca di fuggire dalla moglie psicotica, ma per quanto possa vivere, tranquillo, lontano da lei centinaia e centinaia di chilometri, il suo sentimento non muta di un millimetro. Che Sylvia con i propri squilibri abbia infettato l’amore di Leonard è indiscutibile. È evidente non solo dall’incapacità del marito di tranquillizzarla, ma dal loro sesso selvaggio, consumato senza piacere, che alimenta una voglia che cresce a dismisura e resta insoddisfatta per sempre.
Mi chiedo se l’atto finale di Sylvia trovi spiegazione nella sua patologica inadeguatezza o alla presenza di lucidità, tra un eccesso e l’altro, determinante nelle scelte. In altre parole, la decisione estrema è un modo per risparmiare a sé stessa e agli altri ulteriori momenti di profonda infelicità?
Ho chiuso il libro con gli occhi pieni di lacrime.
Era proprio come ai vecchi tempi, noi due in una piccola stanza, Sylvia addormentata, io infelice. (…) Doveva aprire gli occhi e mettersi a sedere. Lo fece. La abbracciai e le chiesi se avesse voglia di andare al cinema. Rispose di sì, ma non potevamo prima mangiare qualcosa? Dissi che potevamo fare qualunque cosa volesse, ma proprio qualunque cosa, e uscimmo a cercare un ristorante, disperatamente felici.
A me viene la pelle d’oca… Come ti ho detto sotto a un altro tuo articolo, Sylvia mi inquieta da impazzire, perché la sua “follia” rispecchia le nostre, che spesso non hanno il “coraggio” di uscire allo scoperto. La sua coppia è altrettanto inquietante, insieme al suo disperato desiderio di raggiungere l’amore puro, perfetto. Non so se leggerò mai questo libro, come non so se sia meglio leggerlo quando si è stabili o, come terapia, quando non lo si è.
Be’, non so se esista davvero il momento adatto. So che questi libri mi prendono, ma non mi angosciano, così riesco a leggerli. Non ne consiglierei la lettura a qualcuno più sensibile su certe cose!
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